26/09/20 – RECUPERO TULLIO ABBATE 42 A PISOGNE

26/09/20 – RECUPERO TULLIO ABBATE 42 A PISOGNE

Di seguito, in qualche riga succinta, il resoconto del recupero del motoscafo da 12,65 m, affondato a -35 m a Pisogne il 24 agosto scorso. Un’impresa che ci ha visti impegnati per quasi un mese nel tentativo di ridurre l’impatto ambientale che un incidente come questo ha inevitabilmente procurato.

Quando Daniele ci ha prospettato la possibilità di partecipare al recupero della barca di Pisogne, siamo stati “rapiti” dall’idea di questa nuova sfida. Dopo il primo facile entusiasmo, ci siamo scontrati con le innegabili difficoltà che un recupero del genere poteva comportare. 

Un misto tra voglia di raccogliere la sfida e l’amaro della consapevolezza degli ostacoli che avremmo dovuto eventualmente affrontare ci ha accompagnati durante l’immersione di sopralluogo che abbiamo effettuato il giorno successivo all’affondamento a fine agosto.

Dopo averla visitata, un’accesa discussione ha animato il gruppo che, come in pochissime altre occasioni, ha faticato a raggiungere l’unanimità di consenso… ma come sempre, una volta deciso, tutti si sono attivati per raggiungere l’obbiettivo di recupero. Alla fine, il problema rappresentato dalla sversamento di combustibile e lubrificanti, ci ha convinti comunque ad intervenire. Ci siamo proposti per un recupero volontario e senza compenso per ovviare ad un problema di inquinamento del nostro lago. La proprietà e i responsabili del porto hanno collaborato con noi, procurandoci il materiale (fasce e cime di imbrago) e concedendoci l’accesso al porto tutte le sere in cui ci siamo immersi.

I problemi con cui abbiamo dovuto fare i conti sono stati la profondità, la posizione e la scarsa disponibilità di dati certi.

La profondità perché, anche se 35 metri sono più che abbordabili, sono una quota in cui l’EAN32, che spesso usiamo, era poco fruibile a causa dell’alta ppO2 in fase lavorativa; inoltre la penuria di sensori per ossigeno ci ha privati della possibilità di usare i rebreathers che, in questa occasione, ci avrebbero consentito un tempo di fondo più congruo alle immersioni necessarie ed una riduzione dei tempi occorrenti per le opere propedeutiche al recupero; purtroppo con un 12+12 e una deco il nostro tempo di fondo non poteva superare i 40 minuti.

La posizione perché è parso subito evidente che l’imbarcazione era messa al traverso rispetto al pontile.

L’ultimo problema, ma non per importanza, era l’incognita circa il peso. Non essendo più raggiungibile il cantiere navale che l’ha prodotta, da una rapida ricerca abbiamo stimato approssimativamente che l’imbarcazione potesse pesare tra i 6.700 e i 7.200 kg ma, parlando con il proprietario, sembrava che in realtà si trattasse di valori decisamente superiori a causa dell’installazione di motori diversi dalgli originali e che avrebbero potuto comportare un peso superiore a 8.000 kg.

In ogni caso abbiamo deciso di procedere con prudenza, realizzando un imbraco sicuro, che potesse reggere al sollevamento, qualunque posizione avesse assunto la barca durante la risalita. Abbiamo provveduto a sistemare, nel corso di ben otto immersioni (di cui due abortite per scarsissima visibilità) due fasce di sollevamento (una a prua ed una a poppa), vincolate rispettivamente ad una cima filata tramite i due boccaporti a poppavia e alle bitte posteriori, per evitare che le fasce potessero sfilarsi nel caso che la barca si sollevasse in posizioni estreme.

Il vero problema, che ci ha perseguitato nel corso di tutto il lavoro, è che dopo l’immersione di sopralluogo del 25, la visibilità è scesa a zero, a causa della pioggia che ha intorbidito le acque per quasi tutto il mese successivo.

Un’ulteriore difficoltà è stata la posa della fascia a poppa, perché abbiamo dovuto passare una cima attraverso il fango, che ha una consistenza quasi pastosa e cedevole, per quasi tre metri. Abbiamo prima tentato con una verga di ferro piatto opportunamente sagomata, che però non è passata. Poi con del ferro ad “U” calandrato su un diametro di tre metri ma nemmeno quello ha avuto successo… alla fine abbiamo deciso di filare una sottile cimetta in polipropilene nel punto in cui l’imbarcazione emergeva dal fango e tirandola successivamente verso a poppa con movimenti alternati da un fianco all’altro (un pò come i boscaioli quando tagliano gli alberi a mano) e, una volta raggiunta la posizione desiderata, collegando e tirando di forza poi la fascia da una parte all’altra.

Finalmente riusciamo a perfezionare l’imbrago e decidiamo come posizionare i palloni di sollevamento per cercare un recupero in assetto di navigazione. Daniele procura le bombole necessarie al gonfiaggio dei palloni che provvediamo ad imbarcare nel pozzetto nel corso dell’ultima immersione. Nel corso di questa immersione scopriamo che la barca, che sapevamo trattenuta da due catenarie, è posta su un declivio estremamente inclinato che sprofonda inusualmente. Abbiamo calato il grappolo di bombole a circa tre metri di distanza dal pallone che avevamo sparato a prua e le bombole hanno preso contatto col fondo a 47 metri !!! Quindi abbiamo dovuto rimontare quei dodici metri con tutte le bombole, una alla volta. Questa nuova consapevolezza ha complicato ulteriormente il recupero, dovendo vincolare con certezza la barca, nel caso avesse perso la posizione durante l’alleggerimento, scivolando verso il fondo.

Finalmente arriva il giorno del recupero, traslato di una settimana a causa dell’impegno assunto la settimana precedente con Sea Shepherd.

Presenti tutti, meno Daniele che proprio non ha potuto partecipare all’atto finale, ma che è stato sicuramente uno dei protagonisti di questo recupero: AndoFabriFenixLeoWallyRed1TatoSteveSusyTimo Patrick.

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Ci troviamo al covo e carichiamo una quantità di palloni e bombole davvero inusuale. Il povero Nautilus sopporta il peso senza lamentarsi… l’unico a rendersene conto è Fabri che è alla guida, il quale registra una certa “inerzia” del mezzo 🙂 Per nostra fortuna Daniele ha previdentemente messo a disposizione la chiatta del Soccorso Sebino (che ringraziamo !!!), che ci consente un facile trasbordo di tutta l’attrezzatura dal porto del paese. Patrick, Steve, Fenix, Red1 con abili manovre raggiungono il porto Goen e attraccano a due metri dal punto di recupero. E per fortuna…. altrimenti ci saremmo sfiancati solo a trasferire il materiale dal parcheggio al pontile !!!

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Come detto siamo presenti al completo, c’è anche Timo che ci ha raggiunto dalla Germania (grazie Timo !) e Patrick dall’Irlanda che si è aggregato (grazie anche a te Patrick !). Al venerdì, nel corso di un briefing su Skype abbiamo definito squadre e compiti nel dettaglio e siamo abbastanza pronti per il recupero. Nell’aria c’è un certo nervosismo che ci tiene tutti belli concentrati.

Sono previste 3 squadre con compiti diversi. La prima squadra (Ando, Fabri, Red1, Tato) scende e dopo 90 minuti riemerge comunicando alla squadra 2 le difficoltà incontrate. E’ da subito evidente che sarà necessaria un’ulteriore immersione della squadra 1 e quindi squadra 3 (Steve, Susy, Timo) parte con il Nautilus per ricaricare i bibo di squadra 1. Scende squadra 2 (Fenix, Leo, Wally, Patrick) che riemerge dopo 80 minuti. Mentre attendiamo l’arrivo dei bibo ricaricati andiamo a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Giusto il tempo di farsi un panino ed una birra e squadra 1 si immerge nuovamente.

La sequenza di recupero prevede un alleggerimento dell’imbarcazione e il successivo tiro (di 5 m in 5 m) dalla superficie. Nel corso del briefing si era discusso di come posizionare i palloni anche nel caso che la barca fosse partita verso la superficie semplicemente sollevata dai palloni di alleggerimento, ancora prima di iniziare a tirarla dalla cima di tiro predisposta.

Manco a farlo apposta alleggeriamo la barca di circa 5.000 kg e, come un gigante che si risveglia, con una lentezza tipica dei pachidermi, si solleva leggermente e lentamente dalla prua. Con altrettanta eleganza si risveglia, si stiracchia e si stacca anche la poppa dal fondo, lasciandoci il tempo di allontanarci in posizione più distante e di sicurezza per iniziare la nostra risalita.

Mentre squadra 1 decomprime, squadra 2 e 3 prende in carico il “circo” di palloni che raggiunge la superficie in modo fragoroso e scenografico, sostenendo il suo carico in perfetto assetto.

Quando finalmente squadra 1 riemerge, la barca è stabile, a mezz’acqua, in perfetto assetto di navigazione. La soddisfazione è enorme ma non si perde tempo… si tira tramite le cime di prua e di poppa predisposte già dal fondo, e si allinea al canale tra i due pontili.

Un equipaggio molto competente del porto traina l’imbarcazione con perizia sino alla spiaggetta dove, grazie all’utilizzo di un verricello, viene arenata con sicurezza e fissata con una cima robusta in attesa del sollevamento con gru il giorno success

Torniamo al porto di Pisogne quando ormai imbrunisce e carichiamo esausti il Nautius. Qualche pacca sulle spalle, di reciproca soddisfazione e si rientra al covo dove scarichiamo tutto. Ci dovremo vedere giovedì sera per lavare tutti i palloni che sono unti di olio e gasolio. Alla fine di un grosso impegno, un altro successo, sempre per la tutela del nostro amato lago.

Un vero successo… abbiamo recuperato la barca senza nemmeno un graffio e senza nemmeno strappare o deformare mancorrenti e bitte, grazie all’accurato lavoro di imbraco svolto da tutto il team indistintamente.

Bravissimi tutti e grazie per la collaborazione al personale del Porto Goen, in particolare al Sig. Silvio che ci ha sempre “accompagnato” tutte le sere consentendoci l’accesso al porto e ospitandoci quando diluviava. Infine un ringraziamento anche a Francesco Salvetti, che ci ha affiancati in una delle prime immersioni di preparazione e a Francesco Pagani che ci ha aiutati nel corso di tutta la giornata ed era disponibile con una idrovora qualora fossimo riusciti a sollevarla dal pelo d’acqua.

“Adoro i piani ben riusciti!”

 

 

TATO

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